Il contatto fisico si realizza attraverso le sensazioni che il nostro corpo, in particolare la pelle, recepisce in relazione a determinati stimoli.
Il senso del tatto è il primo a formarsi quando ancora siamo nella pancia della mamma. Avete presente quanto è piccolo un esserino a 7 settimane? Eppure quella è l’età in cui il contorno della bocca inizia a percepire i primi stimoli sensoriali. A 20 settimane (siamo grandi poco meno di 15 cm, la grandezza di una mano più o meno) tutto il corpicino è in grado di percepire stimoli sensoriali cutanei.
Le sensazioni che percepiamo dall’interno del grembo materno sono sostanzialmente calore, morbidezza
, umidità, avvolgimento e un sorta di carezza prodotta dai movimenti dell’acqua.
La scienza, come ho già riportato in altri articoli, ci dice che le cellule del nostro corpo posseggono la proprietà di trattenere memoria, in forma di segnale elettromagnetico, di tutte le sensazioni che viviamo nella nostra vita. Attenzione! Non è una memoria mentale: dentro il cervello non ci sta tutta la nostra vita sensoriale! Sarebbe troppa roba da ricordare e il nostro cervello impazzirebbe.
Non è un ricordo mentale, quindi, bensì è una memoria del corpo, ovvero una traccia di quella sensazione vissuta, impressa da qualche parte tra tutti quei dei milioni di cellule che ci compongono. Nella nostra pelle rimangono quindi memorizzate le sensazioni di calore, avvolgimento, umidità e coccola che abbiamo percepito durante la gestazione.
Quindi non è un caso se troviamo estremamente rilassanti e confortanti gli ambienti termali, un bagno rilassante, la doccia calda. Il nostro primo ricordo sensoriale è legato proprio ad un ambiente molto simile!
Tutto questo discorso, chiaramente, non vale soltanto finché siamo nella pancia della mamma. Anche tutto ciò che viviamo nella nostra vita, dall’infanzia a oggi, rimane memorizzato in qualche parte nel nostro corpo. Tutte le nostre esperienze, sia quelle gratificanti e meravigliose, sia quelle dolorose e negative rimangono impresse su di esso e sono in grado di riaffiorare nel nostro presente quando andiamo a stimolare alcuni tipi di contatto.
Per questa ragione proviamo più piacere ad essere toccati in alcune parti del corpo e meno in altre. Può capitare di provare vero e proprio fastidio o vero e proprio dolore nel contatto di alcune zone. Fastidio e dolore che non riusciamo a spiegare razionalmente, poiché la memoria non riguarda l’evento in sé (che tuttavia può essere recuperato), ma riguarda la sensazione fisica.
Abbiamo sempre comunicato attraverso il contato fisico. Alla nascita un bambino non sa comunicare a parole e non può nemmeno capire pienamente le parole pronunciate dalla mamma. Eppure i baci, gli abbracci, le carezze, gli sfioramenti diventano il modo più semplice e istintivo per comunicare affetto, protezione, accettazione, cura, intenti. In entrambe le direzioni.
Da adulti diamo, come è anche giusto che sia, grande importanza alle parole che utilizziamo, tuttavia ci sono situazioni in cui ancora istintivamente utilizziamo il contatto, perché molto più diretto ed espressivo. A tutti noi è capitato di voler confortare una persona amata in un momento difficile e di non trovare le parole adatte a farlo. Così un abbraccio, una semplice tocco sulla spalla o la presa della mano diventano mezzi di comunicazione più efficaci ed immediati delle parole stesse.
Ma che succede se nel mio corpo sono immagazzinate molte memorie di dolore, legate a momenti dell’infanzia vissuti con dispiacere e ancora vivi nella mia pelle?
Ad esempio, come potrei vivere la sensazione dell’abbraccio se i miei ricordi sono legati a una violenza o un tradimento da parte di una persona amata che avrei tanto voluto tenere stretta a me? Ovviamente avrò difficoltà a lasciarmi stimolare nel contatto e per evitare di riaprire quella ferita e soffrire. Il corpo è intelligente e desidera evitarmi i dispiaceri, tuttavia questo mi porterà a creare distanze e separazioni, impedendomi di vivere con gioia le meraviglie del contatto fisico.
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Il contatto fisico è connesso al colore arancione e all’ACQUA. L’acqua, oltre ad essere un compagno del
la nostra evoluzione, è un elemento di pulizia. Tutti conosciamo le grandi proprietà dell’acqua: è informe, si insinua ovunque, è difficile da arrestare e quando passa lascia un segno… un po’ come fanno le nostre emozioni.
E’ quindi inutile cercare di arrestarle o rifiutarle. La cosa migliore è quella di riconoscere l’origine del dolore memorizzato, risalire (si può fare) ad un particolare evento ed elaborarlo. Si può tuttavia anche lavorare con lo strumento più prezioso che abbiamo e sempre alla nostra portata:
la PRESENZA.
Proviamo ad ascoltare la sensazione, stare insieme a lei e provare a definire come ci fa sentire per dare un volto e un aspetto a questa ferita. E poi prendiamoci cura del nostro corpo, facciamoci fare dei massaggi o pratichiamo degli automassaggi; proviamo a toccare noi stessi come fossimo nostri figli e scopriamo le sensazioni di ogni parte del nostro corpo. Ascoltarle affiorare e poi visualizzare l’arancione che crea rinnovamento e pulizia; oppure immergersi in una calda doccia e immaginare che l’acqua porti via queste memorie, lasciando il corpo libero di sperimentare qualcosa di nuovo e piacevole.
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A presto!
Lucia