Ogni giorno, io come tutti i viaggiatori nel sentiero della crescita personale, mi trovo ad affrontare i miei conflitti inconsci, risultati di memorie e insegnamenti del passato che ancora oggi, “alla mia veneranda età”, mi porto dietro.
Lo so che l’età è un concetto molto relativo in tutto questo, tuttavia devo riconoscere che la mia vita attuale risente, nella sua manifestazione ed espressione, del vincolo con questi conflitti, che alternativamente o saltuariamente ritornano. E ritorneranno fino a che non verrà svolto un attento e accurato processo di consapevolezza seguito da profonda pulizia e rinnovamento.
Non è facile, perché rinnovarsi vuol dire permettere a una parte di noi di morire e ad un’altra di rinascere.
Abbiamo appena passato la festività pasquale che ha proprio questo significato. Lasciare che parti di noi muoiano lasciando il posto a qualcosa di nuovo e più funzionale al nostro percorso di crescita.
Non è facile, lo ripeto. Perché il nuovo spaventa sempre, mentre il vecchio, per quanto repellente e stantio ai nostri occhi, è qualcosa di noto e quindi, in qualche modo, rassicurante.
Non stupiamoci se siamo spaventati; non stupiamoci se, come è frequente dire, uscire dalla nostra zona di comfort ci crea ansia. Teniamo conto che la paura è una reazione fisiologica, necessaria a preservarci dai pericoli. Quindi è normale avere paura il momento prima di lanciarci da 200 mt di altezza attaccati ad una corda o da 10.000 mt con solo uno zaino in spalla.
Non è fisiologica quando invece compare per motivazioni che non sono così reali, o quando assume proporzioni esagerate.
E a questo proposito vi voglio parlare della paura legata al colore rosso.
Il rosso, come ormai avrete capito, è da sempre stato essenziale per la sopravvivenza del nostro corpo fisico. Basti pensare al colore del sangue, senza il quale il nostro corpo cesserebbe di avere vita. Per questo motivo la vista del rosso sangue rimanda all’idea di pericolo basale e alla necessità di fare qualcosa di immediato e concreto per far fronte alla situazione critica in corso.
In un periodo storico in cui non si fa che parlare di difficoltà economiche, crisi, terrorismo ed eventi geologici (alluvioni e terremoto) devastanti, la paura per la sopravvivenza continua ad essere una compagna di viaggio fedele nella nostra vita quotidiana.
Pensare che il mondo sia un luogo pericoloso e che io mi debba in qualche modo quotidianamente conquistare il diritto alla sopravvivenza, vincendo la costante insicurezza, diventa uno schema di pensiero così forte che si traduce facilmente in paura:
la paura di morire.
Il nostro cervello lavora per associazioni e sovrappone facilmente la paura di morire ai pericoli quotidiani, ponendo troppo spesso l’ansia del pericolo in situazioni che di fatto non hanno nulla di così tragicamente rischioso.
Perdere un lavoro, terminare una relazione, contrarre un debito economico non sono, di per sé, reali problemi per la nostra sopravvivenza. Per questi motivi non si muore.
Viviamo in un contesto in cui morire di fame è praticamente impossibile, a meno che non lo si scelga personalmente (e anche in quel caso il sistema medico e legale tendono ad impedirlo).
Per questo motivo è utile analizzare con attenzione quali sono le ragioni per cui andiamo, durante la nostra giornata, in stress adrenalinico. Quali situazioni ci portano a reagire come se fossimo in pericolo di vita o di morte.
Quando abbiamo una casa, cibo nel piatto e una famiglia/comunità intorno a noi (la tribù è essenziale per la sopravvivenza), possiamo iniziare a lasciar andare l’insicurezza e il timore che il pianeta terra non ci accolga e non ci nutra, possiamo lasciar andare la paura di morire. Possiamo iniziare a calmarci.
In un secondo momento, ristabilito un buon livello di equilibrio e tranquillità, siamo pronti ad affrontare qualsiasi problematica inerente il nostro momento economico, i conflitti familiari, relazionali, professionali. Dopo però.
Affrontare questi capitoli della nostra vita con la paura rossa che domina in noi non porterà a nessuna soluzione costruttiva. Ci porterà soltanto a prendere decisioni affrettate dettate dalla paura e dall’istinto di sopravvivenza, piuttosto che da un ragionamento pacato e in grado di valutare possibilità e soluzioni.
Come fare quindi per sciogliere questo tipo di conflitto?
Ecco alcuni miei consigli.
E’ un lavoro quotidiano, da rinforzare quando qualcosa nella nostra vita ci fa capire che ne abbiamo particolarmente bisogno. Tutto ciò che ci serve è già presente in noi, dobbiamo semplicemente richiamarlo e utilizzarlo nel modo più utile e funzionale alla nostra crescita.
Il colore in tutto questo è un aiuto molto potente.
Fammi sapere cosa ne pensi e buon lavoro!
Lucia